La questione abitativa dopo la grande crisi

Il lungo ciclo recessivo ha lasciato in eredità maturità e una diversa visione delle politiche dell’abitare? E’ un interrogativo che molti esperti si pongono nel momento in cui si guarda con ansia a possibili segnali di risveglio dell’economia delle costruzioni e dell’immobiliare. Secondo il Censis, la crisi, con riferimento all’Italia, ha peggiorato un quadro già problematico. In un Paese in cui le politiche della casa di fatto sono state indirizzate alla proprietà e si sono rivelate deboli verso le fasce medio-basse la crisi dei redditi delle famiglie ha accentuato le difficoltà. La spinta ad acquistare un’abitazione ha registrato una battuta d’arresto, provocando un ridimensionamento del mercato residenziale. Se tra il 2004 e il 2007 si era superata la soglia delle 800 mila compravendite, con la crisi si è scesi prima a 600 mila (triennio 2009-2011) per poi attestarsi negli ultimi quattro anni poco sopra le 400 mila abitazioni scambiate. Un ridimensionamento che ha riguardato soprattutto le fasce medio-basse che erano state protagoniste del boom. Le estreme periferie e soprattutto gli hinterland metropolitani, dove il mercato era cresciuto di più grazie ai favorevoli differenziali di prezzo con le aree centrali e semicentrali, hanno maggiormente risentito gli effetti della crisi.

Se la casa in proprietà diventa una prospettiva più lontana, cresce la pressione sul fronte dell’affitto, ma qui è emersa la debolezza del quadro dell’offerta. Il Censis rileva un comparto dell’affitto limitato con una quota di edilizia sociale quasi irrilevante e scarsissime risorse destinate al sostegno diretto alle famiglie in affitto in difficoltà. Vanno però rilevate anche le crescenti difficoltà gestionali con aumento della morosità, crescita della pressione fiscale, mentre il patrimonio immobiliare, invecchiando, necessitava di crescente manutenzione.

In questo quadro si aprono alcune questioni su cui riflettere: il problema dei costi abitativi non più sostenibili per chi è in affitto sul libero mercato, la cui conseguenza è una rilevante quota di evasione dimostrata dall’andamento degli sfratti, gli scarsi sostegni all’affitto degli inquilini in difficoltà (housing benefit), la precarietà abitativa dei giovani. E’ particolarmente grave lo squilibrio che colpisce la cosiddetta generation rent per la quale l’accesso ad una casa in proprietà è ostacolato da ragioni economiche ma altre volte da condizioni di vita legate alla mobilità lavorativa o al desiderio ndi risiedere in altre città.

Il Censis conclude la parte abitativa del rapporto osservando che “l’Italia resta un’anomalia rispetto alle nazioni europee più sviluppate dove il segmento abitativo dell’affitto di mercato, da noi ormai residuale, rappresenta invece insieme a quello sociale un pilastro importante delle politiche della casa. Certo da noi la più ampia diffusione della proprietà delle famiglie si collega ad una maggiore attenzione alla qualità della casa e a una forte mobilitazione delle risorse familiari”. Il tema centrale torna ad essere quello degli investimenti privati nel settore delle locazioni, senza dimenticare l’importanza della funzione istituzionale di tutela del diritto alla casa e di sostegno alle fasce più deboli. Da qui l’efficienza del sistema della locazione non può prescindere dall’efficienza della gestione del patrimonio abitativo pubblico. Oggi l’ostacolo ad un ritorno degli investimenti e degli investitori nel settore residenziale è rappresentato in Italia dall’incertezza di troppi fattori, amministrativi, fiscali, urbanistici che andrebbe superata ripensando complessivamente l’assetto normativo del settore.

(3-fine)

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